La nuova serie Netflix “Adolescence“, diretta da Philip Barantini, si propone di esplorare le complesse dinamiche dell’adolescenza contemporanea, ma lascia lo spettatore con una sensazione di incompletezza e insoddisfazione, spingendo solo gli addetti ai lavori il compito di approfondire tematiche accennate.
Tecnica innovativa, contenuto superficiale
L’uso del piano sequenza, già visto in opere come “Birdman“, è un eccellente esercizio di stile che crea tensione e fa sentire al fianco dei personaggi. Tuttavia, questa scelta registica non è sufficiente a compensare la mancanza di una vera esplorazione della psiche adolescenziale.
La serie sembra limitarsi a una rappresentazione superficiale dell’adolescenza, riducendola a un periodo di transizione e ribellione declinata in chiave social. Questo approccio rischia di relegare lo spettatore adulto a una posizione di “boomer”, incapace di comprendere realmente il mondo dei giovani.
Temi accennati ma non approfonditi
“Adolescence” tocca temi importanti come la violenza scolastica, il cyberbullismo e la cultura “incel“, ma li tratta in modo superficiale. La serie cita fenomeni come la “manosphere” e figure controverse come Andrew Tate, ma non riesce a offrire un’analisi approfondita di come queste influenze plasmino la mentalità degli adolescenti. Nel secondo e terzo episodio pone al centro un padre in crisi, con i suoi presunti demoni interiori, ma distoglie l’attenzione dal tema centrale: l’adolescenza.
La psiche adolescenziale: un territorio inesplorato
L’episodio incentrato sul colloquio tra Jamie e la terapeuta sarebbe potuto essere un’opportunità per esplorare in profondità la mente del protagonista. Invece, ci vengono mostrati solo frammenti della sua personalità , senza permetterci di comprendere veramente le origini del suo disagio.
Troppe domande senza risposta
La serie solleva interrogativi cruciali sulla dinamica degli eventi, sull’influenza dei social media e sulle cause profonde dei comportamenti dei personaggi, ma non offre risposte o chiavi di lettura. Questi vuoti narrativi rendono difficile cogliere l’immagine psicologica e sociale nel suo complesso.
Conclusione: un’opportunità mancata?
“Adolescence” rimane una narrazione visivamente interessante ma emotivamente incompleta. Tuttavia, potremmo interpretare questa incompletezza come una scelta deliberata del regista: un invito a riflettere e approfondire autonomamente le complesse dinamiche dell’adolescenza contemporanea.
In definitiva, la serie ci lascia con più domande che risposte, stimolando forse una discussione più ampia su come affrontiamo e comprendiamo l’adolescenza nella nostra società .
Questo articolo ha puramente carattere divulgativo e non può/intende sostituirsi al consulto di un professionista della salute mentale.