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Shopping compulsivo: come riconoscerlo e affrontarlo efficacemente

Redazione

Lo shopping compulsivo: sulla fine dell’era consumistica, nella quale da primari consumatori siamo diventati noi stessi prodotti di consumo per le big company, i nostri comportamenti sono stati influenzati e manipolati per alimentare l’economia dell’usa e getta.

Buona parte delle persone è stata indotta a convertire i bisogni affettivi non soddisfatti e i conflitti intrapsichici irrisolti, nell’acquisto di beni o servizi non strettamente necessari.

Il disturbo da acquisto compulsivo (Compulsive Buying Disorder, CBD), noto anche come shopping compulsivo, è un fenomeno che, negli ultimi decenni, ha ricevuto una crescente e inevitabile attenzione nell’ambito della psicopatologia contemporanea.

Si tratta di una condizione complessa che affonda le sue radici in dinamiche inconsce, rendendo necessaria un’analisi sofisticata delle sue cause e manifestazioni. 

Numerosi i film sul tema, tra i quali consigliamo “I Love Shopping” dove Rebecca, la protagonista, si trova immersa in un mondo di insicurezze e acquisti effimeri che la porteranno in una crisi personale.  

Origini psicoanalitiche del comportamento compulsivo

Secondo la prospettiva psicoanalitica classica, il comportamento compulsivo, incluso lo shopping patologico, possono essere interpretati come tentativi disfunzionali di gestire le angosce profonde. 

L’acquisto compulsivo rappresenta una tentata soluzione illusoria e disfunzionale per colmare un vuoto emotivo esistenziale. 

Nel quadro freudiano, ciò può essere inteso come una manifestazione della coazione a ripetere, una tendenza a riprodurre schemi comportamentali distruttivi per ritornare simbolicamente su traumi non elaborati.

Nel caso dello shopping compulsivo, l’oggetto acquistato perde il suo significato materiale, diventando un mezzo per affrontare stati emotivi intollerabili, come la solitudine, il senso di inadeguatezza e la paura dell’abbandono. 

Da un punto di vista psicodinamico, l’acquisto fornisce un sollievo temporaneo a un senso di vuoto interiore, ma la sua natura effimera implica la ripetizione del comportamento, in un ciclo che si autoalimenta nel tentativo di ricreare quella gratificazione transitoria.

Chi soffre di shopping compulsivo?

Lo shopping compulsivo colpisce una percentuale variabile della popolazione, con studi che stimano una prevalenza tra l’1% e il 6% a livello globale. In Italia, con oltre 35 milioni di consumatori online nel 2025, una parte significativa di questi acquisti può essere attribuita a comportamenti impulsivi e compulsivi di consumo. Tendenzialmente, il disturbo è più frequente nelle donne e in persone con alti livelli di ansia, bassa autostima o difficoltà a gestire lo stress emotivo. Sebbene gli acquirenti compulsivi rappresentino solo una porzione della popolazione, i rischi finanziari e sociali associati sono importanti, tanto che il disturbo viene riconosciuto sempre più come un’area critica per la salute mentale e il benessere personale.

Cause dello shopping compulsivo

Lo shopping compulsivo, noto anche come oniomania, ha cause complesse che includono sia fattori neurochimici sia psicologici. Tra queste, vi è una possibile disfunzione nella produzione di serotonina e dopamina, che può compromettere il controllo degli impulsi e portare alla necessità urgente di acquistare per ottenere una gratificazione immediata. Le cause psicologiche includono ansia, depressione, bassa autostima e tratti perfezionistici, spesso legati al tentativo di compensare emozioni negative e difficoltà interiori. Inoltre, eventi stressanti passati e dinamiche di dipendenza affettiva possono contribuire allo sviluppo di questo disturbo

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Dinamiche relazionali e shopping compulsivo

La letteratura psicoanalitica pone l’accento su come il disturbo da acquisto compulsivo possa trarre origine da dinamiche relazionali disturbate, sviluppatesi sin dall’infanzia. 

Spesso, i soggetti che ne soffrono hanno sperimentato relazioni in cui l’amore e il riconoscimento affettivo erano condizionati da fattori esterni, come l’apparenza o la performance. In questo contesto, l’individuo può sviluppare un’identità fragile e insicura, costretta a cercare costantemente conferme attraverso l’acquisizione di beni materiali, come mezzo per validare un’immagine idealizzata di sé.

Inoltre, la dipendenza dall’acquisto può riflettere dinamiche inconsce legate alle figure genitoriali. Secondo le teorie di Winnicott l’oggetto acquistato assume simbolicamente il ruolo di un oggetto transizionale, che nelle prime fasi dello sviluppo infantile fornisce sicurezza e conforto ma può essere patologicamente sostituito da beni materiali nell’età adulta, a causa dell’incapacità di integrare il bisogno di sicurezza con l’indipendenza emotiva.

Il ruolo della società e del consumismo

Il contesto sociale è cruciale nello sviluppo dello shopping compulsivo. Siamo immersi in una cultura delineata dall’esaltazione del consumismo, dove l’acquisizione di beni è costantemente promossa come via per ottenere uno status sociale, riconoscimento e illusoria felicità. 

La persona con una predisposizione alle tendenze compulsive, si trova intrappolata in un doppio legame: da un lato, la società lo spinge a consumare per sentirsi adeguato; dall’altro, l’atto del consumo non riesce a soddisfare il vuoto esistenziale che tenta di colmare.

Questo processo può essere compreso in termini di alienazione. L’individuo si aliena dal proprio Sé autentico nel tentativo di proiettare un’immagine socialmente accettabile e desiderabile. Tuttavia, la ricerca di gratificazione esterna, essendo intrinsecamente volatile, non è in grado di fornire un senso di realizzazione duraturo, perpetuando così il conflitto interno.

Come riconoscere lo shopping compulsivo?

Chi soffre di questo disturbo è spesso impegnato in acquisti che non rispondono a un bisogno reale. Si tratta di un impulso irresistibile e incontrollabile a fare acquisti, senza un criterio logico, che nei casi più gravi può sfociare in una vera e propria dipendenza. Gli episodi di shopping compulsivo seguono spesso una sequenza stereotipata: il compratore prova inizialmente ansia e bisogno urgente di acquistare, spesso a causa di uno stato emotivo negativo. Il pensiero dell’acquisto diventa ossessivo, con una pianificazione minuziosa di come e dove procurarsi l’oggetto desiderato. La vista o l’immaginazione dell’oggetto provoca uno stato di eccitazione che lo fa apparire indispensabile. L’acquisto genera un piacere transitorio, ma subito dopo sopraggiungono senso di colpa, vergogna e disprezzo per la propria condotta. La ripetizione compulsiva degli acquisti diventa un tentativo di compensare emozioni negative.

Tra i segnali di allarme vi sono: acquisti frequenti anche senza necessità o fondi sufficienti; euforia durante lo shopping che svanisce rapidamente; sensi di colpa o vergogna post-acquisto; nascondere gli acquisti a familiari o amici; continuare a comprare nonostante problemi personali o finanziari.

Sintomi dello shopping compulsivo

I sintomi principali dello shopping compulsivo comprendono un bisogno irresistibile e costante di acquistare anche quando non vi è un reale bisogno, spesso seguito da sensi di colpa, frustrazione e rimpianto. Le persone coinvolte sperimentano stati emotivi altalenanti: ansia e tensione antecedenti all’acquisto, cui seguono sollievo e gratificazione temporanei, che però lasciano il posto a sentimenti spiacevoli. Questo ciclo può portare a gravi difficoltà finanziarie, problemi relazionali e isolamento sociale, con conseguenze che influenzano negativamente la qualità della vita.

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Il modello Kellett e Bolton

Stephen Kellett e Jessica V. Bolton (2009) hanno proposto un modello cognitivo-comportamentale del disturbo da shopping compulsivo per favorire una migliore valutazione e trattamento dei pazienti che manifestano questo comportamento. Essi hanno identificato in letteratura le caratteristiche principali, definendo lo shopping compulsivo come un insieme di comportamenti disadattivi ed estremi. L’acquisto viene vissuto come un impulso incontrollabile e irresistibile che si traduce in spese eccessive, costose e dispendiose in termini di tempo, spesso messe in atto per far fronte a emozioni negative, portando a problemi finanziari, personali e sociali. A differenza di altri disturbi del controllo degli impulsi, come il gioco d’azzardo patologico o la tricotillomania, lo shopping compulsivo è spesso tollerato e mascherato come un’attività socialmente accettabile, priva di segni fisici evidenti.

Il modello di Kellett e Bolton si articola in quattro fasi:

Fattori antecedenti

I fattori antecedenti allo shopping compulsivo comprendono esperienze di vita precoci e l’ambiente familiare, che costituiscono fattori di vulnerabilità. Tra questi vi sono traumi come abusi o maltrattamenti, oltre a criticismo e perfezionismo genitoriale. Ad esempio, genitori depresse o alcolizzati che ignorano o trascurano i bisogni affettivi dei figli, oppure usano regali e denaro come mezzo di controllo o rinforzo, contribuiscono a creare un forte attaccamento al possesso materiale come forma di autodefinizione e sicurezza emotiva. Questi elementi formano la base su cui si sviluppa la dipendenza dallo shopping come tentativo di compensare un senso di vuoto emotivo e identitario.

Trigger interni ed esterni

I trigger che scatenano l’impulso all’acquisto compulsivo possono essere sia interni sia esterni. Tra i primi rientrano stati emotivi negativi come depressione, ansia e un senso di sé sgradevole, che spingono la persona a cercare sollievo immediato nell’acquisto. I trigger esterni invece coinvolgono stimoli ambientali come la pubblicità, l’ingresso in negozi o l’uso delle carte di credito, che facilitano l’inizio dei comportamenti compulsivi. Questi fattori agiscono spesso in combinazione, rendendo difficile resistere all’impulso di comprare e alimentando un ciclo difficile da interrompere.

Atto dell’acquisto

Durante l’atto stesso dell’acquisto, il compratore compulsivo sperimenta un restringimento dei processi attentivi, entrando in uno stato mentale “assorbito” o dissociato. Questo stato alterato limita la capacità di elaborazione delle informazioni e di autocontrollo, rendendo difficile riflettere consapevolmente sulle motivazioni reali dietro l’acquisto. L’acquisto induce una gratificazione emotiva momentanea, con un miglioramento dell’umore, della gratificazione e dell’autostima. Tuttavia, questa sensazione è temporanea e alimenta un circuito di feedback positivo che rinforza il comportamento: “acquistare mi fa stare bene”. Generalmente, questa fase avviene in solitudine perché la presenza di altri interrompe lo stato dissociato ricercato.

Post-acquisto

Dopo l’acquisto compulsivo, la persona prende consapevolezza della propria incapacità di autoregolazione e sperimenta emozioni negative come senso di colpa, vergogna, rimorso e disperazione. Spesso si attuano comportamenti di nascondimento o negazione dell’acquisto per evitare il giudizio altrui. Questo vissuto negativo alimenta la percezione di sé come “indesiderato” o “sgradevole”, che funge da trigger emotivo per una nuova ondata di compulsione, mantenendo e rinforzando nel tempo il disturbo. Questo circolo vizioso rende difficile uscire dalla dipendenza e richiede un intervento mirato.

Terapia cognitivo comportamentale

Cure per lo shopping compulsivo

Il trattamento dello shopping compulsivo prevede un approccio multidisciplinare che combina la psicoterapia, in particolare quella cognitivo-comportamentale, con l’eventuale supporto farmacologico. La terapia mira a riconoscere e modificare i meccanismi cognitivi e comportamentali che alimentano l’impulso all’acquisto, migliorando la regolazione emotiva e aumentando l’autocontrollo. Fondamentale è anche il lavoro sul miglioramento dell’autostima e sulla gestione dello stress, oltre al supporto per affrontare eventuali problematiche comorbide come ansia e depressione.

Approccio terapeutico psicoanalitico

L’approccio psicoanalitico al trattamento del disturbo da acquisto compulsivo mira a far emergere le dinamiche inconsce sottostanti il comportamento patologico. 

Il processo di insight consente al paziente di comprendere come l’acquisto compulsivo rappresenti una difesa contro conflitti affettivi irrisolti e angosce profonde. Il lavoro analitico si concentra sull’esplorazione e sull’elaborazione di questi conflitti, facilitando una rinegoziazione del rapporto della persona con i propri bisogni emotivi.

Uno degli aspetti cruciali del trattamento è la ricostruzione di un senso di Sé più autentico, che sia meno dipendente dal riconoscimento esterno e dalla gratificazione immediata. 

La terapia favorisce lo sviluppo di una maggiore consapevolezza emotiva e di una regolazione affettiva più efficace, permettendo al paziente di affrontare il proprio disagio senza ricorrere a meccanismi autodistruttivi come lo shopping compulsivo.

Conclusioni

Lo shopping compulsivo viene spesso banalizzato come comportamento superficiale e quasi adeguato al nostro contesto sociale ma rappresenta, in realtà, una dinamica psicologica complessa e potenzialmente problematica. 

L’approccio psicoanalitico fornisce una chiave interpretativa utile per comprendere come il desiderio di acquistare possa mascherare il tentativo di gestire un mondo interno carico di conflitti e tensioni irrisolte. 

Attraverso un percorso terapeutico mirato, è possibile non solo alleviare il sintomo, ma anche facilitare la costruzione di un senso di Sé più stabile e autentico, favorendo un cambiamento che ambisca a diventare profondo e duraturo.

Questo articolo ha puramente carattere divulgativo e non può/intende sostituirsi al consulto di un professionista della salute mentale.
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