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La psicologia dello shopping compulsivo: un’analisi psicoanalitica

Redazione

Lo shopping compulsivo: sulla fine dell’era consumistica, nella quale da primari consumatori siamo diventati noi stessi prodotti di consumo per le big company, i nostri comportamenti sono stati influenzati e manipolati per alimentare l’economia dell’usa e getta.

Buona parte delle persone è stata indotta a convertire i bisogni affettivi non soddisfatti e i conflitti intrapsichici irrisolti, nell’acquisto di beni o servizi non strettamente necessari.

Il disturbo da acquisto compulsivo (Compulsive Buying Disorder, CBD), noto anche come shopping compulsivo, è un fenomeno che, negli ultimi decenni, ha ricevuto una crescente e inevitabile attenzione nell’ambito della psicopatologia contemporanea.

Si tratta di una condizione complessa che affonda le sue radici in dinamiche inconsce, rendendo necessaria un’analisi sofisticata delle sue cause e manifestazioni. 

Numerosi i film sul tema, tra i quali consigliamo “I Love Shopping” dove Rebecca, la protagonista, si trova immersa in un mondo di insicurezze e acquisti effimeri che la porteranno in una crisi personale.  

Origini psicoanalitiche del comportamento compulsivo

Secondo la prospettiva psicoanalitica classica, il comportamento compulsivo, incluso lo shopping patologico, possono essere interpretati come tentativi disfunzionali di gestire le angosce profonde. 

L’acquisto compulsivo rappresenta una tentata soluzione illusoria e disfunzionale per colmare un vuoto emotivo esistenziale. 

Nel quadro freudiano, ciò può essere inteso come una manifestazione della coazione a ripetere, una tendenza a riprodurre schemi comportamentali distruttivi per ritornare simbolicamente su traumi non elaborati.

Nel caso dello shopping compulsivo, l’oggetto acquistato perde il suo significato materiale, diventando un mezzo per affrontare stati emotivi intollerabili, come la solitudine, il senso di inadeguatezza e la paura dell’abbandono. 

Da un punto di vista psicodinamico, l’acquisto fornisce un sollievo temporaneo a un senso di vuoto interiore, ma la sua natura effimera implica la ripetizione del comportamento, in un ciclo che si autoalimenta nel tentativo di ricreare quella gratificazione transitoria.

Dinamiche relazionali e shopping compulsivo

La letteratura psicoanalitica pone l’accento su come il disturbo da acquisto compulsivo possa trarre origine da dinamiche relazionali disturbate, sviluppatesi sin dall’infanzia. 

Spesso, i soggetti che ne soffrono hanno sperimentato relazioni in cui l’amore e il riconoscimento affettivo erano condizionati da fattori esterni, come l’apparenza o la performance. In questo contesto, l’individuo può sviluppare un’identità fragile e insicura, costretta a cercare costantemente conferme attraverso l’acquisizione di beni materiali, come mezzo per validare un’immagine idealizzata di sé.

Inoltre, la dipendenza dall’acquisto può riflettere dinamiche inconsce legate alle figure genitoriali. Secondo le teorie di Winnicott l’oggetto acquistato assume simbolicamente il ruolo di un oggetto transizionale, che nelle prime fasi dello sviluppo infantile fornisce sicurezza e conforto ma può essere patologicamente sostituito da beni materiali nell’età adulta, a causa dell’incapacità di integrare il bisogno di sicurezza con l’indipendenza emotiva.

Il ruolo della società e del consumismo

Il contesto sociale è cruciale nello sviluppo dello shopping compulsivo. Siamo immersi in una cultura delineata dall’esaltazione del consumismo, dove l’acquisizione di beni è costantemente promossa come via per ottenere uno status sociale, riconoscimento e illusoria felicità. 

La persona con una predisposizione alle tendenze compulsive, si trova intrappolata in un doppio legame: da un lato, la società lo spinge a consumare per sentirsi adeguato; dall’altro, l’atto del consumo non riesce a soddisfare il vuoto esistenziale che tenta di colmare.

Questo processo può essere compreso in termini di alienazione. L’individuo si aliena dal proprio Sé autentico nel tentativo di proiettare un’immagine socialmente accettabile e desiderabile. Tuttavia, la ricerca di gratificazione esterna, essendo intrinsecamente volatile, non è in grado di fornire un senso di realizzazione duraturo, perpetuando così il conflitto interno.

Approccio terapeutico psicoanalitico

L’approccio psicoanalitico al trattamento del disturbo da acquisto compulsivo mira a far emergere le dinamiche inconsce sottostanti il comportamento patologico. 

Il processo di insight consente al paziente di comprendere come l’acquisto compulsivo rappresenti una difesa contro conflitti affettivi irrisolti e angosce profonde. Il lavoro analitico si concentra sull’esplorazione e sull’elaborazione di questi conflitti, facilitando una rinegoziazione del rapporto della persona con i propri bisogni emotivi.

Uno degli aspetti cruciali del trattamento è la ricostruzione di un senso di Sé più autentico, che sia meno dipendente dal riconoscimento esterno e dalla gratificazione immediata. 

La terapia favorisce lo sviluppo di una maggiore consapevolezza emotiva e di una regolazione affettiva più efficace, permettendo al paziente di affrontare il proprio disagio senza ricorrere a meccanismi autodistruttivi come lo shopping compulsivo.

Conclusioni

Lo shopping compulsivo viene spesso banalizzato come comportamento superficiale e quasi adeguato al nostro contesto sociale ma rappresenta, in realtà, una dinamica psicologica complessa e potenzialmente problematica. 

L’approccio psicoanalitico fornisce una chiave interpretativa utile per comprendere come il desiderio di acquistare possa mascherare il tentativo di gestire un mondo interno carico di conflitti e tensioni irrisolte. 

Attraverso un percorso terapeutico mirato, è possibile non solo alleviare il sintomo, ma anche facilitare la costruzione di un senso di Sé più stabile e autentico, favorendo un cambiamento che ambisca a diventare profondo e duraturo.

Questo articolo ha puramente carattere divulgativo e non può/intende sostituirsi al consulto di un professionista della salute mentale.
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