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Film sull’autolesionismo

Redazione

L’autolesionismo è un fenomeno complesso e spesso trascurato, che non riguarda solo il desiderio di procurarsi danno fisico, ma rappresenta un profondo disagio emotivo che si manifesta attraverso ferite fisiche. Il cinema ha saputo trattare questo delicato tema con grande sensibilità, offrendo uno sguardo sulle motivazioni e le esperienze di chi vive questa realtà difficile da raccontare diversamente.

Ragazze interrotte: tra disagio e riscatto

Il film “Ragazze interrotte”, diretto da James Mangold, è un punto di riferimento per parlare di salute mentale e autolesionismo. Ambientato negli anni Sessanta e basato sulla storia autobiografica di Susanna Kaysen, racconta il percorso di giovani donne fragili che affrontano insieme il loro dolore, mostrando come l’autolesionismo colpisca soprattutto l’universo femminile.

Thirteen: la rabbia adolescenziale tra ribellione e autodistruzione

“Thirteen”, pellicola di Catherine Hardwicke del 2003, esplora il passaggio dall’infanzia all’adolescenza con uno sguardo crudo sulla ribellione e l’autodistruzione. La protagonista Tracy utilizza l’autolesionismo come risposta al disagio interiore e alla difficoltà di comunicare con l’ambiente familiare. Il film mette in luce l’importanza di ascoltare il malessere dei giovani per prevenire atti estremi.

Il cigno nero: l’ossessione per la perfezione

Con “Il cigno nero”, Darren Aronofsky racconta la storia di Nina, una ballerina ossessionata dalla perfezione che si avvicina all’autolesionismo nel suo percorso autodistruttivo. Il film mostra come la pressione per eccellere possa sfociare in una dolorosa perdita di sé, trasformando il corpo in bersaglio della sofferenza psichica.

Trainspotting: quando la fuga diventa un abisso

Il film “Trainspotting”, diretto da Danny Boyle nel 1996, affronta l’autolesionismo mascherato dalla dipendenza da droghe. Racconta la storia di un gruppo di giovani scozzesi che tenta di evadere dal dolore attraverso sostanze stupefacenti, offrendo una riflessione potente sulla disperazione e l’autodistruzione giovanile.

In my skin: l’attrazione per l’autodistruzione

“In my skin”, di Marina de Van, è un’indagine ossessiva sul rapporto con il proprio corpo attraverso la storia di Esther, una donna che sviluppa un interesse morboso per il dolore fisico. Il film analizza come l’autolesionismo possa diventare una dipendenza, evidenziando la fragilità dell’equilibrio mentale e l’attrazione verso il dolore come risposta al vuoto emotivo.

Tra sofferenza e consapevolezza

I film sull’autolesionismo sono uno specchio di un fenomeno complesso che esprime il malessere attraverso il corpo. Queste pellicole ci insegnano l’importanza di riconoscere e ascoltare il disagio emotivo, offrendo un’opportunità per comprendere che la strada verso la guarigione passa attraverso la consapevolezza e il supporto.

Questo articolo ha puramente carattere divulgativo e non può/intende sostituirsi al consulto di un professionista della salute mentale.
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