La sindrome di Nettuno è un disturbo che si manifesta come un amore patologico per il mare, accompagnato dal desiderio intenso di raggiungerlo, vederlo e respirare la brezza marina. Questa condizione si caratterizza per oscillazioni tra calma apparente e agitazione estrema, soprattutto durante la stagione estiva, quando la necessità di tornare al mare diventa irresistibile.
Cos’è la sindrome di Nettuno e come riconoscerla
La sindrome di Nettuno colpisce principalmente chi ha dovuto abbandonare il mare per trasferirsi in città lontane dalle onde blu. I sintomi ricordano quelli dell’astinenza dalle droghe, poiché il mare stimola il rilascio di dopamina, un neurotrasmettitore che regola l’umore, anch’esso liberato da esperienze come il cibo, il sesso, la musica e gli stupefacenti. Questo spiega l’intenso desiderio e lo stato di agitazione che si avverte quando si è lontani dal mare.
L’influenza dei social sulla sindrome di Nettuno
Tra i giovani la sindrome di Nettuno ha acquisito grande visibilità grazie ai social media, dove si trovano numerosi video e contenuti che ne parlano con l’hashtag dedicato. Spesso, però, si assiste a una tendenza all’autodiagnosi o addirittura alla simulazione dei sintomi, guidata dalla ricerca di “like” e visualizzazioni. Questo fenomeno ricorda casi simili come quello del DID (disturbo dissociativo di identità), che tende a essere banalizzato o frainteso online.
Lo psichiatra Pat McGory ha osservato che la pandemia ha causato un aumento di depressione e ansia negli adolescenti, portando a una sorta di isteria collettiva sui social, con molti giovani che simulano disturbi per attirare attenzione.
Origine del nome “sindrome di Nettuno”
Il nome della sindrome deriva dal Dio romano Nettuno, divinità delle acque e delle correnti, noto anche come Dio greco del mare e dei maremoti. Nettuno abitava in fondo al mare, controllava tempeste e mostri marini e veniva rappresentato con un tridente e trainato da cavalli marini. La sua festività cadeva il 23 luglio.
Sindrome di Nettuno e fobie correlate
Se da un lato la sindrome si esprime come amore intenso per il mare, dall’altro alcune persone manifestano una vera e propria fobia, detta talassofobia, ovvero la paura dell’acqua profonda. Altre fobie associate sono:
- Cimofobia: paura delle onde e del mare agitato.
- Scopulofobia: paura degli scogli sommersi.
Queste paure possono avere origini genetiche o esperienziali, come traumi legati a esperienze di quasi annegamento durante l’infanzia.
Come trattare le fobie legate alla sindrome di Nettuno
Le terapie efficaci per superare queste fobie includono:
- Esposizione graduale: avvicinarsi progressivamente al mare partendo da fondali bassi e aumentando la profondità in modo controllato.
- Controllo della respirazione: praticare tecniche respiratorie per favorire la calma e ridurre l’ansia.
- Percorsi psicoterapeutici: imparare a gestire il disagio psicologico legato alle fobie per poter apprezzare nuovamente il mare.
Attraverso questi interventi, chi soffre di talassofobia e altre paure legate all’acqua può arrivare a vivere una relazione positiva con il mare, fino a sviluppare, in alcuni casi, la sindrome di Nettuno come segno di profondo legame e desiderio.
Questo articolo ha puramente carattere divulgativo e non può/intende sostituirsi al consulto di un professionista della salute mentale.