Il tema del gene gay ha diviso la comunità scientifica e l’opinione pubblica per oltre sessant’anni. L’idea che possa esistere una spiegazione genetica all’omosessualità ha affascinato ricercatori, sociologi e attivisti, alimentando dibattiti e studi approfonditi. Ma cosa dice davvero la scienza sul cosiddetto “gene gay”? Esiste davvero un gene in grado di determinare l’orientamento sessuale di una persona?
Lo studio: cosa è emerso
Negli ultimi anni, uno degli studi più importanti è stato coordinato da Brendan Zietsch dell’Università del Queensland, in Australia. La ricerca ha analizzato il DNA di centinaia di migliaia di persone, alla ricerca di varianti genetiche comuni tra chi si identifica come omosessuale. I risultati hanno individuato cinque SNP (polimorfismi a singolo nucleotide) più frequenti tra i partecipanti omosessuali, ma nessuno di questi ha mostrato una relazione di causa-effetto con l’orientamento sessuale.
Infatti, queste varianti sono diffuse anche tra persone eterosessuali e, secondo le stime, ciascuna di esse avrebbe un’influenza sull’orientamento sessuale inferiore all’1%. Anche se due SNP sono situati vicino a geni coinvolti nell’olfatto e negli ormoni del corteggiamento, non è stata trovata alcuna correlazione diretta con l’omosessualità.
I geni non determinano l’orientamento sessuale
La conclusione dello studio è chiara: i geni non possono essere usati per prevedere l’orientamento sessuale di una persona. L’influenza genetica esiste, ma è minima e non determinante. Come sottolinea Zietsch:
“L’orientamento sessuale è influenzato dai geni, ma non certo determinato da loro. Hanno molta importanza anche le scelte di natura non genetica.”
Questo significa che l’orientamento sessuale è il risultato di una complessa interazione tra fattori biologici, psicologici, sociali e culturali.
La storia del gene gay: tra scienza e dibattito
Il dibattito sul gene gay nasce negli anni ’60, ma acquisisce popolarità nel 1993 grazie a Dean Hamer, ricercatore del National Institute of Health americano. Hamer individuò il marker genetico Xq28 come possibile responsabile dell’omosessualità, ipotesi che trovò parziali conferme in studi successivi, come quello del 2014 su 409 coppie di gemelli.
Tuttavia, la ricerca più recente, pubblicata su Science, sembra aver chiuso il dibattito: nessun gene singolo o gruppo di geni può spiegare da solo l’orientamento sessuale. Alcuni scienziati, tra cui lo stesso Hamer, contestano questi risultati, sostenendo che i campioni analizzati non siano rappresentativi o che la metodologia non sia adeguata. Secondo loro, la ricerca dovrebbe concentrarsi su chi si identifica esclusivamente come omosessuale e non su chi ha avuto solo esperienze occasionali.
Cosa sappiamo oggi
Ad oggi, la scienza concorda sul fatto che non esista un “gene gay” capace di determinare l’orientamento sessuale. L’omosessualità non può essere ridotta a una semplice questione genetica: entrano in gioco fattori ambientali, esperienze di vita, influenze ormonali e contesti culturali. L’orientamento sessuale è una caratteristica complessa e multifattoriale, che non trova spiegazione in un singolo elemento del DNA.
Il mito del gene gay è stato oggetto di numerose ricerche e dibattiti, ma la scienza oggi ci dice che non esiste un gene in grado di determinare l’orientamento sessuale. L’omosessualità è il risultato di una combinazione di fattori genetici, biologici, psicologici e ambientali. Comprendere questa complessità è fondamentale per superare stereotipi e pregiudizi, e per promuovere una visione più inclusiva e rispettosa della diversità umana.
Questo articolo ha puramente carattere divulgativo e non può/intende sostituirsi al consulto di un professionista della salute mentale.